Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

lunedì 23 settembre 2013

Da "Mille splendidi soli", di Khaled Hosseini (Edizioni Piemme, 2007)




C'era un punto panoramico, al limite della radura, che Mariam amava in modo particolare. Si sedette sull'erba asciutta e tiepida. Da lì poteva ammirare Herat, che si stendeva ai suoi piedi come il plastico di un gioco infantile: il Giardino delle Donne a nord della città, il bazar Char-suq e le rovine dell'antica fortezza di Alessandro Magno a sud. Riusciva a distinguere in lontananza i minareti, come dita polverose di giganti, e le strade che immaginava pullulanti di persone, di carri, di muli. Osservava le rondini scendere in picchiata o volare in tondo sopra la sua testa. Invidiava quegli uccelli. Loro erano stati a Herat.


(...)

Sul bus di ritorno dal dottore, accadde a Mariam una cosa stranissima. Vedeva ovunque colori brillanti: sugli squallidi caseggiati di cemento grigio, sulle botteghe con il tetto di lamiera che si affacciavano sulla strada, nell'acqua limacciosa che scorreva nei canaletti di scolo. Era come se un arcobaleno si fosse liquefatto nei suoi occhi.


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Fu di gran lunga la giornata più torrida dell'anno. Sembrava che i monti catturassero la canicola rovente, per riversarla sulla città come un miasma asfissiante.

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"È tutto il giorno che mi torna in mente una poesia su Kabul. Saib-e-Tabrizi la scrisse nel XVII secolo, credo. Un tempo la conoscevo tutta a memoria, ma ora ne ricordo solo un paio di versi:

Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti,
né i mille splendidi soli che si nascondono dietro i suoi muri."

(...)

Nel corso degli anni, Mariam aveva imparato a non lasciarsi ferire dal suo disprezzo, dai suoi rimproveri, dal sarcasmo, e dalle sgridate. Ma non sapeva controllare il terrore delle percosse. Dopo tutti quegli anni, ancora tremava di paura quando lui le si parava davanti così, irridente, i lampi negli occhi iniettati di sangue, con la cintura di pelle che scricchiolava mentre la avvoltolava attorno al polso. Era la paura della capra gettata nella gabbia della tigre, quando la tigre prima alza pigramente gli occhi dalle zampe, poi incomincia a ruggire.

(...)

Non appena Mariam la prendeva in braccio, Aziza s'infilava il pollice in bocca e le affondava il viso nel collo.
Mariam la faceva saltellare su e giù con mosse rigide, trattenute, mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso fra il disorientato e il riconoscente. Mai nessuno l'aveva desiderata con tanta intensità. Mai aveva ricevuto una dichiarazione d'amore così disinteressata, così incondizionata.
Aziza la commoveva sino alle lacrime.
"Perché hai affidato il tuo cuoricino a una vecchia strega come me?" mormorava tra i capelli della piccola. "Eh? Io non sono nessuno, capisci? Una dehati. Cos'ho da offrirti, io?"
Ma Aziza balbettava felice e affondava ancor più la testa nel suo collo. E Mariam per poco non sveniva di felicità. Gli occhi le si inondavano di lacrime. Il suo cuore prendeva il volo. E si stupiva di come, dopo tutti quegli anni di vuoto affettivo, avesse trovato in quella creaturina il primo legame autentico della sua vita di rapporti falsi, falliti.

(...)

Il nome del nostro watan è ora Emirato Islamico dell'Afghanistan. Queste sono le leggi che noi applicheremo e alle quali siete tenuti a obbedire.
Tutti i cittadini devono pregare cinque volte al giorno. Se durante l'ora della preghiera verrete sorpresi in altre attività, sarete bastonati.
Tutti gli uomini devono portare la barba. La lunghezza prescritta è di almeno un palmo sotto il mento. Se non vi conformerete a questa disposizione, sarete bastonati.
Tutti i ragazzi devono portare il turbante. Gli scolari delle scuole elementari porteranno il turbante nero, quelli delle scuole superiori bianco. Tutti gli studenti devono indossare abiti islamici. Le camicie devono essere abbottonate sino al collo.
È proibito cantare.
È proibito danzare.
È proibito giocare a carte, giocare a scacchi, giocare d'azzardo e far volare gli aquiloni.
È proibito scrivere libri, guardare film e dipingere.
Se tenete in casa dei parrocchetti, sarete bastonati e i vostri uccelli verranno uccisi.
Se rubate, vi sarà tagliata la mano dal polso. Se tornate a rubare vi sarà tagliato il piede.
Se non siete musulmani, non dovete praticare la vostra religione in luoghi dove potete essere visti da musulmani. Se disubbidite, sarete bastonati e imprigionati. Se verrete sorpresi a convertire un musulmano alla vostra fede sarete giustiziati.
Donne, attenzione:
Dovete stare dentro casa a qualsiasi ora del giorno. Non è decoroso per una donna vagare oziosamente per le strade. Se uscite, dovete essere accompagnate da un mahram, un parente di sesso maschile. La donna che verrà sorpresa da sola per la strada sarà bastonata e rispedita a casa.
Non dovete mostrare il volto in nessuna circostanza. Quando uscite, dovete indossare il burqa. Altrimenti verrete duramente percosse.
Sono proibiti i cosmetici.
Sono proibiti i gioielli.
Non dovete indossare abiti attraenti.
Non dovete parlare se non per rispondere.
Non dovete guardare negli occhi gli uomini.
Non dovete ridere in pubblico. In caso contrario verrete bastonate.
Non dovete dipingere le unghie. In caso contrario vi sarà tagliato un dito.
Alle ragazze è proibito frequentare la scuola. Tutte le scuole femminili saranno immediatamente chiuse. Se aprirete una scuola femminile sarete bastonati e la vostra scuola verrà chiusa.
Alle donne è proibito lavorare.
Se vi renderete colpevoli di adulterio, verrete lapidate.
Ascoltate. Ascoltate con attenzione. Obbedite. Allah-u-akbar.

(...)

Rashid lasciò andare Laila e si rivoltò contro di lei. In un primo momento la guardò senza vederla, poi socchiuse gli occhi e la considerò con interesse. Il suo sguardo passò dallo stupore allo sconcerto, dalla disapprovazione alla delusione, ma solo per un attimo, poi assunse un'espressione di odio inesorabile.
Mariam si ricordò la prima volta che li aveva visti, quegli occhi, sotto il velo del matrimonio, alla presenza di Jalil, quando i loro sguardi, scivolando sullo specchio, si erano incontrati, quello di lui indifferente, quello di lei docile, sottomesso, quasi contrito, come se dovesse scusarsi.
Scusarsi.
Ora Mariam leggeva in quegli stessi occhi la propria dabbenaggine.
Era stata una moglie disonesta? si chiese. Una moglie insolente? Una donna disonorevole? Riprovevole? Volgare? Cosa aveva fatto a quest'uomo per meritarsi le sue continue aggressioni, la sua malvagità, perché provasse piacere a tormentarla? Non l'aveva forse curato quando si era ammalato? Non aveva preparato da mangiare per lui e i suoi amici? Non aveva tenuto in ordine la sua casa?
Non gli aveva dedicato la propria giovinezza?
Si era meritata quella sua grettezza?
Rashid lasciò cadere a terra la cinghia con un tonfo prima di scagliarsi contro di lei. Ci sono lavori, diceva il tonfo, che devono essere eseguiti a mani nude.

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