Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 9 giugno 2013

Da "Un mese con Montalbano", di Andrea Camilleri (Mondadori, 2011)




da "Par condicio"

Quando Montalbano arrivò fresco di nomina al commissariato di Vigàta, il suo collega, nel fargli le consegne, tra l'altro lo portò a conoscenza che il territorio di Vigàta e dintorni era oggetto di contenzioso tra due "famiglie" mafiose, i Cuffaro e i Sinagra, le quali, volenterosamente, tentavano di mettere fine all'annosa disputa facendo ricorso non alle carte bollate ma a micidiali colpi di lupara.
"Lupara? Ancora?!" stupì Montalbano parendogli quel sistema, come dire, arcaico, in tempi nei quali le mitragliette e i kalashnikov s'accattavano nei mercatini paesani a tre un soldo.
"Per via che i due capocosca rivali sono tradizionalisti" spiegò il collega. "Don Sisìno Cuffaro ha passato l'ottantina mentre don Balduccio Sinagra ha salutato gli ottantacinque. Devi capirli, sono attaccati ai ricordi di giovinezza e la lupara è tra queste care memorie. Don Lillino Cuffaro, figlio di don Sisìno, che ha passato la sissantina, e don Masino Sinagra, figlio cinquantino di don Balduccio, mordono il freno, vorrebbero succedere ai padri e ammodernarsi, ma si scantano dei genitori che sono ancora capaci di pigliarli a schiaffi sulla pubblica piazza."
"Stai babbiando?"
"Per niente. I due vecchi, don Sisìno e don Balduccio, sono persone posate, vogliono andare sempre in parità. Se uno della famiglia Sinagra ammazza a uno della famiglia Cuffaro, ci puoi mettere la mano sul foco che nel giro di manco una simàna uno dei Cuffaro spara a uno dei Sinagra. A uno e uno solo, bada bene."
"E attualmente a quanto stanno?" spiò sportivamente Montalbano.
"Sei a sei" fece serio serio il collega. "Ora il tiro in porta spetta ai Sinagra."

(...) Il 2 di fivràro, corto e amaro, Pasqualino Fichèra, commerciante all'ingrosso di pesce, mentre stava tornando a casa verso l'una di notte, venne pigliato di striscio da un colpo di lupara. Cadì a terra ferito e avrebbe potuto scappottarsela se, invece di fingersi morto, non si fosse messo a fare voci:
"Picciotti, errore c'è! Ancora non tocca a mia!"
Dalle case vicine lo sentirono, ma nessuno si cataminò. Raggiunto in pieno da un secondo colpo, Pasqualino Fichèra passò, come si usa dire, a miglior vita coll'atroce dubbio che ci fosse stato un malinteso. Difatti lui apparteneva ai Cuffaro: ordine e tradizione imponevano che, a pareggiare, dovesse essere ammazzato ancora uno dei Sinagra. Era questo che, ferito, aveva inteso dire. Ora i Sinagra erano nettamente passati in vantaggio: undici a nove.
Il paìsi ci perse la testa.

(...)

da "Una gigantessa dal sorriso gentile"

Fino al momento in cui Mariuccia, susùtasi dalla seggia davanti alla scrivania, andò darrè il paravento per spogliarsi, nel cuore del ginecologo non capitò niente di strammo. L'occhialuta picciotta che rispondeva a monosillabi, avvampando, alle sue domande, era del tutto insignificante. Ma quando Mariuccia, in pudica sottana nera e senza occhiali (automaticamente se li levava ogni volta che si spogliava), niscì dal paravento e, con la pelle rosso foco per la vrigogna, si posizionò sul lettino, nel cuore del cinquantino Landolina si scatenò una delirante sinfonia che nessun compositore dotato di senno si sarebbe mai azzardato a comporre, a momenti di centinara e centinara di tamburi al galoppo subentrava il volo alto di un violino solitario, all'irruzione di un migliaro di ottoni si contrapponevano due liquidi pianoforti. Tremava tutto, anzi vibrava il dottor Landolina quando posò una mano su Mariuccia e subito, mentre un organo maestoso iniziava il suo assolo, sentì che il corpo della ragazza vibrava all'unisono con il suo, rispondeva al ritmo della stessa musica.

(...)

da "Un diario del '43"

"Che volete sapere?"
"Andiamo a caccia di un fatto che non sappiamo manco se è veramente successo" disse il preside.
"Un fatto accaduto qui a Vigàta nella prima decade d'ottobre del '43" fece di rincalzo il commissario.
"Se qualcosa capitò, me l'arricordo di sicuro" disse il vecchio "da quando sono andato in pinsiòne passo le mie giornate a lucidare i miei ricordi."

(...)

da "Icaro"

Non si può confessare a nessuno, forse manco a se stesso, che un'indagine viene avviata solo perché c'è stata una risata troppo sgradevole, dintra la quale sonavano derisione, disprezzo, trionfo, malvagità.

(...)

da "Quello che contò Aulo Gellio"

"Che voli mangiari?"
"M'hanno detto che lei sa fare benissimo i polipi alla napoletana."
"Giusto dissero."
"Li vorrei assaggiare."
"Assaggiare o mangiare?"
"Mangiare. Ci mette i passuluna di Gaeta?"
Le olive nere di Gaeta sono fondamentali per i polipi alla napoletana.
Filippo lo taliò sdignato dalla domanda.
"Certo! E ci metto macari la chiapparina."
Ahi! Quella rappresentava una novità che poteva rivelarsi deleteria: non aveva mai sentito parlare di càpperi nei polipi alla napoletana.
"Chiapparina di Pantelleria" precisò Filippo.
I dubbi di Montalbano passarono a metà: i capperi di Pantelleria, aciduli e saporitissimi, forse ci stavano o, nell'ipotesi peggiore, non avrebbero fatto danno.
Prima di muoversi verso la cucina, Filippo taliò negli occhi il commissario e questi raccolse il guanto di sfida. Tra lui e Filippo, era chiaro, si era ingaggiato un duello.

(...) Si dice che in punto di morte un omo veda scorrere velocemente la vita passata ed abbia un qualche pinsèro non terreno. Tutto quello che a Montalbano venne in mente fu:
"Ora questi m'ammazzano e addio polipetti".

(...)

da "Il vecchio ladro"

Al commissariato c'era di servizio l'agente Catarella al quale il commissario Montalbano, a scanso di complicazioni, affidava compiti di piantone o di telefonista. Catarella redasse scrupolosamente il verbale.

Inverso alli ore cinco di questa matinata il signor Buffoardeci Romilto, ecchisi guarda giurante, dato che veniva a passare in sul davante di una villa disabbittata residente in contrata vicino vicino alla Scala detta dei Turchi, vedeva da essa fottivamente assortire un latro prigiudicato che davasi alla fuca alla veduta del guarda giurante segnale inquinquivocabile di carbone bagnatto osiaché coscenza lorda...

E via di questo passo.
(...)

da "Una faccenda delicata"

"Nicotra Leonardo, nato a Minichillo, provincia di Ragusa, il 7/5/1965, fu Giacomo e Colangelo Anita, militesente."
Questa era nova nova! Militesente! Montalbano s'arraggiava alla pignolerìa anagrafica di Fazio, non capiva perché quello ogni volta s'ostinava a dargli particolari inutili. Isò gli occhi di scatto dalle carte e taliò fisso Fazio. I loro sguardi s'incrociarono e il commissario capì che Fazio l'aveva fatto apposta, per provocarlo. Decise di non dargli spazio.
"Vai avanti."
Tanticchia deluso, Fazio riattaccò.

(...) "Vuoi un cioccolatino?" spiò il commissario raprendo il sacchetto che aveva accattato.
"Sì, ma non lo dire alla mamma. Lei non vuole, dice che mi fa venire la bua al pancino."
"Il tuo maestro te li dà i cioccolatini quando fai la brava con lui?"
Ecco a voi il verme Montalbano che inizia a scavare la mela dell'eden innocente.
"No, lui mi dava le caramelle."
"Ti dava? Perché, ora non te le dà più?"
"No, sono io che non le voglio. È diventato cattivo."
"Ma che dici? La tua mamma m'ha raccontato che ti vuole tanto bene, che ti fa le coccole, che ti bacia..."
Eccolo il verme dentro la mela che comincia a imputridire.
"Sì, ma io non voglio più."
"Perché?"
"Perché è diventato cattivo."
Il telefono sonò improvviso nella càmmara e parse una raffica di mitra. Santiando senza voce, Montalbano scattò, alzò il ricevitore, bofonchiò: "Siamo tutti morti", riattaccò, sollevò nuovamente il ricevitore, lo lasciò staccato.
La bambina rise.
"Sei buffo tu."

(...)

da "Cinquanta paia di scarpe chiodate"

Ogni parola che viene detta vibra in un modo suo particolare, le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre.

(...)

da "Lo scippatore"

Il tira e molla tra i due durò, assurdo, per qualche secondo: assurdo perché la valigetta, colma di carte senza importanza, cresceva di valore agli occhi dello scippatore proprio perché così strenuamente difesa. I riflessi del commissario erano sempre stati pronti e manco questa volta si smentirono, permettendogli di passare al contrattacco. Il violento calcio che mollò alla moto alterò il già precario equilibrio al quale era costretto lo scippatore che, a questo punto, preferì abbandonare, dare gas e ripartire. Ma non andò lontano, quasi alla fine del vicolo descrisse una curva a U e si fermò, col motore che ora rombava piano, proprio sotto un fanale. Interamente rivestito dalla tuta, la testa nascosta dintra al casco integrale, il motociclista era una figura minacciosa che sfidava il commissario alla prossima mossa.
"E ora che minchia faccio?" si spiò Montalbano mentre si riaggiustava il giaccone di pelle. La valigetta non se la rimise in testa, tanto ormai si era completamente assammarato, l'acqua gli trasiva dal colletto, gli scendeva lungo la schiena e gli nisciva dai pantaloni, in parte andando a finire dintra le scarpe. Di voltare le spalle e mettersi a correre, manco a pensarlo: a parte la mala figura, il motociclista avrebbe potuto raggiungerlo come e quando voleva e farne minnitta. Non restava che andare avanti. Montalbano con lentezza, facendo dondolare la valigetta nella mano mancina, si mise a camminare come se andasse a passeggio in una giornata di sole. Il motociclista lo taliava avvicinare senza cataminarsi, pareva una statua. Il commissario andò dritto verso la moto, arrivato davanti alla ruota anteriore si fermò.
"Ti faccio vedere una cosa" disse al motociclista.
Raprì la valigetta, la capovolse, le carte caddero a terra, si bagnarono, s'impastarono col fango. Senza manco richiuderla, Montalbano gettò per terra macari la valigetta vacante.
"Se scippavi la pensione a una vecchiereddra, sicuro che ti andava meglio."
"Io non scippo le fìmmine, né vecchie né picciotte" reagì con tono offìso lo scippatore.
Montalbano non arriniscì a capire che voce quello avesse, gli arrivava troppo soffocata dal casco.
Il commissario decise, chissà perché, di portare avanti la provocazione.
Infilò una mano nella sacchetta interna della giacchetta, tirò fora il portafoglio, lo raprì, scelse una carta da centomila, la porse allo scippatore.
"Ti bastano per una dose?"
"Non accetto limòsina" fece il motociclista, allontanando con violenza la mano di Montalbano.
"Quand'è così, buonanotte. Ah, senti, dammi un'informazione: che strada devo fare per arrivare al Centrale?"
"Sempre dritto, la seconda a sinistra" rispose con estrema naturalezza lo scippatore.

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