Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 5 agosto 2012

Da "Momenti di trascurabile felicità", di Francesco Piccolo (Einaudi, 2010)




Quando esci, in qualsiasi posto tu vada, succede sempre che dopo, nel mezzo della notte, fai delle lunghe passeggiate. Lasci il motorino o la macchina lontano e te ne vai al ghetto, a piazza Navona, a Campo Marzio. Cammini e incroci i turisti, cerchi sempre di scrutare nei loro occhi lo stupore per quello che stanno vedendo e ti piace pensare che loro ti guardano e pensano che tu vivi qui. Cammini fino a quando non senti i tuoi passi produrre l'unica eco nei dintorni. Oppure te ne vai alla Garbatella, in alcune stradine del quartiere Trieste, sui ponti a fare avanti e indietro. A via Giulia. Oppure in certe strade verdi e silenziose di Montesacro.


(...)

La soddisfazione di infilare il braccio in fondo al frigorifero del bar o del supermercato e tirare fuori la bottiglia di latte con la scadenza più lontana, che qualcuno ha volontariamente coperto per farmi comprare la bottiglia con la scadenza più vicina.

(...)

Una volta a Sanremo hanno cantato un uomo e una donna. In quel periodo io ero molto innamorato di una ragazza che viveva molto lontano. Ci vedevamo una volta ogni due o tre mesi. Pensavo spesso che forse era una stupidaggine essere innamorato di una ragazza che viveva molto lontano, visto che soffrivamo così tanto. Tutte le cose che accadevano, accadevano mentre eravamo separati. Anche il Festival di Sanremo non lo stavamo guardando insieme.
Mentre sto pensando tutte queste cose, sento che i due cantanti cominciano a parlare proprio a me, perché dicono: "Dimmi perché piangi. E perché non mangi. Dimmi perché stringi forte le mie mani, e coi tuoi pensieri ti allontani". E poi lui, dopo aver esitato a lungo, affronta il nocciolo della questione, con la sincerità e la spietatezza necessarie in alcune situazioni.
Dice: "Non amarmi perché vivo a Londra".
Cioè, voleva dire che piangeva e non mangiava perché era un amore impossibile, perché lui viveva troppo lontano. A Londra. Da Sanremo a Londra, non ci si può amare. Stava parlando a me e alla mia ragazza che viveva molto lontano. Era con tutta evidenza un segno del destino. Io stavo riflettendo e avevo tanti dubbi, e una sera una canzone mi diceva che uno che stava a Londra intimava alla fidanzata di non amarlo più, perchè viveva troppo lontano.
Allora ho chiamato un mio amico e gli ho urlato al telefono: hai sentito? È un segno del destino. La devo lasciare. Quando finalmente è riuscito a parlare, il mio amico mi ha spiegato che nella canzone lui non diceva "non amarmi perché vivo a Londra", che dovevo ascoltare bene, e ascoltando bene infatti lui non diceva "non amarmi perché vivo a Londra", ma "non amarmi perché vivo all'ombra".
Diceva all'ombra. Lo diceva perché era cieco. E il mio amico mi chiedeva: ma non hai visto che era cieco? Sì, l'avevo visto, ma che c'entra, non pensavo che tutti i ciechi dovessero cantare delle canzoni sui ciechi. Bocelli non lo fa, mi pare.

(...)

Con il motorino, mi affaccio su piazza San Giovanni in Laterano da via Merulana. Il semaforo è sempre rosso. Devo aspettare.
Dovrei, più precisamente.
Di giorno, non c'è solo il semaforo a segnare il confine, ma anche la luce. Se guardo a terra, lì dove finisce via Merulana, sotto il semaforo appunto, c'è la linea d'ombra - concreta - e al di là c'è una luce fortissima da cui non ci si può difendere (se fate il percorso inverso, quando imboccate via Merulana restate per due secondi al buio prima di ricomporre l'immagine all'ombra).

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