Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

mercoledì 29 agosto 2012

Da "Una lama di luce", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2012)




S'infuscò. Non s'aspittava d'essiri chiamato al tilefono. Chi era che gli scassava i cabasisi?
In linia teorica, in commissariato non avrebbi dovuto essirici nisciuno fatta cizzioni del cintralinista pirchì quella sarebbi stata 'na jornata spiciali per Vìgata.
Spiciali in quanto che il signori e ministro dell'Interno, di ritorno dalla visita all'isola di Lampidusa indove i centri d'accoglienza (sissignori, avivano il coraggio d'acchiamarli accussì!) per gli immigrati non erano cchiù 'n condizioni di continiri manco un picciliddro di un misi, le sarde salate avivano maggiori spazio, aviva espresso la 'ntinzioni di spezionari l'attendamenti di fortuna priparati a Vìgata. Che già, da parti loro, erano chini come l'ova, con l'aggravanti che quei povirazzi erano costretti a dormiri 'n terra e a fari i loro bisogni all'aperto.


domenica 26 agosto 2012

Da "L'affaire Moro", di Leonardo Sciascia (Sellerio editore Palermo, 1983)




Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da almeno quarant'anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricamandosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare a un ritorno delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell'infanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru, così i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del pecoraio, le notti passate a guardia della mandria, che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità. Paurosa per gli abigeati frequenti. Paurosa perchè bambini erano di solito quelli che si lasciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa, tra i più piccoli di noi, quella fosforescenza smeraldina.


mercoledì 22 agosto 2012

Da "Il rumore della pioggia a Roma", di John Cheever (Fandango, 2004)




Non aveva mai visto una cosa simile: color oro, rossi, gialli, le foglie si perdono nel vento come pezzi d'affresco che si spellano dai soffitti nelle grandi sale dei palazzi principeschi a Roma e a Venezia.

domenica 19 agosto 2012

Da "Norwegian Wood", di Murakami Haruki (Einaudi, 2006)




LA MORTE NON È L'OPPOSTO DELLA VITA,
MA UNA SUA PARTE INTEGRANTE.

Tradotto in parole suona piuttosto banale, ma allora non era così che lo percepivo, ma come un grumo d'aria presente dentro di me.


domenica 12 agosto 2012

Da "Chiedi alla polvere", di John Fante (Einaudi, 2004)




Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell'albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.


domenica 5 agosto 2012

Da "Momenti di trascurabile felicità", di Francesco Piccolo (Einaudi, 2010)




Quando esci, in qualsiasi posto tu vada, succede sempre che dopo, nel mezzo della notte, fai delle lunghe passeggiate. Lasci il motorino o la macchina lontano e te ne vai al ghetto, a piazza Navona, a Campo Marzio. Cammini e incroci i turisti, cerchi sempre di scrutare nei loro occhi lo stupore per quello che stanno vedendo e ti piace pensare che loro ti guardano e pensano che tu vivi qui. Cammini fino a quando non senti i tuoi passi produrre l'unica eco nei dintorni. Oppure te ne vai alla Garbatella, in alcune stradine del quartiere Trieste, sui ponti a fare avanti e indietro. A via Giulia. Oppure in certe strade verdi e silenziose di Montesacro.